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18 | origine |
Tutte abbandonarono quasi interamente il genere neutro, che già non differiva dal maschile altro che nel nominativo e nell’accusativo, e che anche ne’ classici si comincia a confonder con esso (commentarium e commentarius, nuntium e nuntius, calamistrum e calamister, ecc). Tutte dagli aggettivi e pronomi unus e ille cavarono un nuovo elemento, cioè l’articolo indeterminato e determinato, de’ quali, al solito, si vedono i primi germi anche negli scrittori.1 Tutte si trovarono d’accordo nel far crescere un altro germe, che pure abbiamo già visto apparire in qualche scrittore, e che dando al nome mens il senso di modo, maniera, e aggiungendolo all’aggettivo (sana-mente, forte-mente), generò gli avverbi da sostituire ai terminanti in e e in ter (sane, fortiter), poiché queste terminazioni, piegandosi alla nuova eufo-
- ↑ Il catalano delle Baleari convertì in articolo determinato ipse invece di ille; e altrettanto fece il sardo, nel quale perciò abbiamo su e sa per il singolare, sos e sas per il plurale. Il valacco poi incorpora l’articolo determinato dietro il nome, a guisa di suffisso: omul, l’uomo.
Sopraselva) vive anche oggi, con la sua propria funzione, l’antica s del nominativo latino. (Cfr. Ascoli, Arch. Glott. vol. VII, pag. 407, e 426 e seg.) Avanzi di flession nominale, senza dir della differenza tra i due numeri, s’hanno pure specialmente nel pronome: io, me, mi, — tu te, ti — egli, eglino loro, cui, ecc. In tutti gl’idiomi romanzi occorrono poi esempi di due o più forme d’uno stesso nome, le quali dipendono dalla diversità de’ casi latini, ma più non serbano alcuna diversità di funzione. Così in italiano: ladro e ladrone (latro-latronem), moglie e mogliera (mulier-mulierem), sarto e sartore (sartor-sartorem), ecc. (Cfr. Diez, Gramm. delle Lingue romanze, traduz. franc., vol. II, lib. II; — Ascoli, Arch. Glott., vol. II, pag. 416-88, ecc.)