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della lingua italiana | 13 |
chè è naturale che la parola indigena opponesse minor resistenza, quando somigliava ancora alla corrispondente latina, che la veniva opprimendo.
regione che corre dall’Himalaia al Capo Nord, dalle foci del Gange a quelle del Tago. Di questa antichissima lingua non ci rimangono documenti scritti; ma si è già potuto determinarne i caratteri generali, e tentare anche in parte di ricostruirla, per mezzo degli elementi comuni delle lingue derivate da essa; come appunto, se mancasse ogni documento del latino, si potrebbe fino a un certo segno ricostruirne la grammatica e il vocabolario, per mezzo degli elementi comuni delle lingue romanze. Da tali elementi delle lingue indoeuropee si deduce altresì il grado approssimativo di civiltà a cui gli Arii dovevano essere pervenuti; poiché, per citare pochi esempi tra mille, il giogo non si chiamerebbe yuga in sanscrito, jugum in latino, juk (jukuzi) in gotico, ecc.; nè l’antico persiano nâvi avrebbe riscontro nel latino navis, ecc.; nè per indicare la casa si troverebbe dama in sanscrito, dohm in armeno, dómos in greco, domus in latino, domǎ in antico slavo e in russo, ecc.; se prima della separazione la stirpe ariana non avesse già avuto nella sua lingua tre vocaboli più o meno corrispondenti a questi, e se per conseguenza non avesse già conosciuto il giogo, la barca, la casa: che è poi quanto dire, in un senso più o meno largo, l’agricoltura, il navigare, il fabbricare. (Cfr. Pictet, Les Origines indo-européennes. Deuxième édition. Paris, 1877.) — Tornando dunque alle lingue vinte da quella di Roma, oggi è dimostrato che d’origine ariana, e formanti uno stesso gruppo col latino, erano l’umbro e l’osco coi loro dialetti o idiomi affini (volsco, sabino, ecc.). Ariani del pari, secondo l’opinione di reputati filologi, erano anche l’etrusco e il messapico. Ariani, finalmente, erano tutti gl’idiomi celtici, che si parlavano nell’Italia settentrionale, nella Gallia, e, dopo l’invasione de’ Celti, anche in una parte della Spagna. Non ariano invece era il linguaggio degl’Iberi, una parte dei quali, rimasta indipendente dai Celti, cedette poi ai Romani. A giudizio anzi d’alcuni, l’iberico sarebbe il progenitore del basco, che nelle sue varietà è ancora parlato da circa mezzo milione d’uomini, nel nord-est della Spagna e in un piccolo angolo del sud-ovest della Francia, e che forma la disperazione de’ filologi, poiché ha più somiglianze organiche con alcune lingue indigene d’America, che con le altre europee; ma, naturalmente, tende anch’esso a romaniz-