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     «O Zelica, Zelica!» Azimo esclama,
Renduto quasi dal dolore insano:
«Pel ciel da cui, se forza han le preghiere,
Perdonata sarai, come tu il sei
755Quì — dentro a questo strazïato cuore —
Colpevole quantunque e travïata!
Per la memoria dell’antico affetto,
Che come face sepolcral risplende
Sulla tomba di nostre alme perdute
760E sorvivrà pur sempre alla tua colpa
E al mio profondo e disperato affanno,
Fuggi, oh! fuggi di quì, te ne scongiuro!
Se nel cor ti rimane anco un avanzo
Della prima innocenza, oh! meco fuggi
765Da questo loco.» —
                               «Fuggir teco! oh gioia!
Un secolo di pianto or mi compensa
Questa parola. Io fuggir teco? Io, lassa!
Teco fuggir, quasi innocente ancora,
770E al tuo fianco vagar come ne’ giorni
Del nostro amor quando beati entrambi
E sì puri eravam! — sogno celeste!
Ah! se pel mio dilanïato cuore
V’è quaggiuso un conforto, è questo, è questo!
775Correr teco la terra, udir la voce,