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     E per quante all’uom tu appresti
          Non mortai felicità
          455Cui per essere celesti
          Manca solo eternità!

Noi t’invochiam! deh vien, spirto possente!
     Spirto di voluttà, spirto d’amore!
     Quando nel suo splendore
     460Regna la luna, il tuo poter si sente.
     Vieni! non mai quell’argentata stella
     Fulse, com’or, sì luminosa e bella.

     Schivo omai di tal scena, ove da tante
Vaghezze allettatrici eragli il core
465Pur suo malgrado affascinato e vinto,
E ove tra fiori e riso e melodìa
(Le più forti lusinghe a cui s’adeschi
Un giovin core) la vittoria è fuga,
Azimo disdegnando allontanossi
470Da quelle ninfe e da quei canti impuri,
E si volse a mirar quelle che intorno
Dalle mura pendean vaghe pitture.
Ma quì pure novella opra d’incanto
I suoi sensi rapìa; chè quante avviva
475Del pennello la muta onnipotenza