No; cadero oimè! le rose
Che pendean sul fiumicel;
Ma pur, quando ancor nascose
Stavan dentro il bottoncel, 335Io ne colsi in su lo stelo
E ne trassi un dolce umor
Che resiste al caldo e al gelo
Nè mai perde il primo odor.
Così pure, in pria che mora 340L’ora lieta del piacer,
La memoria di quell’ora
Coglie il provvido pensier;
E così ridente e gaio
Con perenne sovvenir 345Io vagheggio il mio rosaio
Presso il queto Bendemir.
«Infelice fanciulla!» egli pensava:
«Se col dolce liuto e coll’incanto
De’ tuoi vezzi a destar fosti mandata 350Desiderii non santi in questo core,
O a tentarne la fè, male a quest’arte
Atta ne vieni, chè, quantunque il labbro
Tu dischiudessi a consigliar la colpa,