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Che insoffribil mi suona, ancorchè uscito
860Dalle tue labbra. — Or va; tempra il lïuto
E sciogli il canto; quel guerrier n’intenda
La magica melode e ne rimanga
Commosso e vinto: rimirar m’è caro,
Sia qual vuolsi la causa, il foco antico
865Rinfiammar le pupille alla leggiadra
Sacerdotessa mia; lascia che tutto
All’estinto amor tuo si rassomigli
Quel giovinetto che farai beato
Del fulgor de’ tuoi lumi; e tu cotanto
870Più felice sarai, quanto più caro
È un acceso amator vivo e fiorente
Di mille e mille che si giaccian freddi
Entro il sepolcro. Oh! non ombrar la fronte
Di quel piglio indignato, anima cara!
875Quel tuo sguardo soave accender dêssi
Per l’ira no, ma per l’amor — t’arrendi.»
     «Ahi me deserta! io dunque ho meritato
Questi oltraggi? – oh pur troppo! – e la vendetta
Troppo grave non può sopra il mio capo
880Scagliare il ciel!... ma il valoroso e fido
E leggiadro garzon deve pur esso
Cader meco nel fondo, e bello e santo
Qual è, siccome rinnegato, andarne