Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/43


[38]

Saran foco il tuo cor, luce gli sguardi.
760Vieni, oh vieni! stanotte è a me mestieri
Di tutto il riso della tua sembianza.
Un garzone giugnea — tu lo vedesti;
Bello forse ei non è? di’; non vorresti
Che simìli a costui ne’ fortunati
765Boschi del ciel ti fossero gli amanti?
Bench’ei, tem’io, mi sembri austeri troppo
Nudrir pensieri dell’amor nemici,
E quella fredda deitade onori
Che Virtù chiama il mondo, oh! noi dobbiamo
770Tuttavia soggiogarlo al poter nostro.
Non mostrarti ritrosa; a me tu devi
Obbedir sempre, nè indagar giammai
I misteri del ciel. L’acciaro, il sai,
Dee pel foco passar prima che fatto
775Valido brando forte man l’impugni.
Questa notte medesma assalir voglio
Quel giovinetto cor colle potenti
Armi della beltà. Quanto raccoglie
L’Harèmo mio di vago e di scaltrito
780Fia contr’esso adoprato; i cilestrini
Occhi di Mirza che languenti intorno
Si movono a rapir l’anime amanti;
Di Zuleica gentil le colorate