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     «Ahi me perduta!» inorridita esclama
710L’infelice donzella a cui l’orecchio
Ferito avean quegli esecrati accenti.
Si riscosse Mokanna; isbigottito
Non già, chè a lui straniero era il timore,
Ma il suon di quelle flebili parole
715Sì pieno era d’angoscia e simil tanto
A quella voce che tremenda piomba
De’ dannati sul cor quando per sempre
Li accoglie in grembo la città dolente,
Che anco quell’alma snaturata e fera
720Tocca ne fu. — «Vien quà, bella ministra
De’ riti miei,» le si volgea dicendo
Con raddolcita voce il frodolento:
«Tu che ridendo schiudi infra le rose
De’ tuoi labbri divini una dolcezza
725Cara così che le speranze eccede
Per cui son lieti del profeta i sogni,
E il zelo unisci della fè sì stretto
A quello dell’amor che inebbrïato
L’uom non conosce la sua gioia e ignora
730Se nell’estasi sua sospiri il cure
Al paradiso che lassù n’additi,
O a quel che schiudi tu medesma in terra,
Oh! senza te che fora il poter mio?