Quando mia ti giurasti? Essi stanotte 785Convitati al mio desco hanno colmato
Con tal valore dell’addio le coppe
Che una tu pure tracannar ne devi.
Ma che? vuote son tutte? Arse davvero
Eran le labbra che sì ben vôtaro 790Questi nappi; — ma taci — ecco: nel fondo
Di questa tazza vi rimane ancora
Prezïosa una stilla, e fia che basti
Per accendere il sen d’una gentile
Sacerdotessa qual tu sei, Zelica. 795Bevi or dunque — ed il tuo fido amatore
A stringerti s’affretti in pria che tutto
Abbian perso l’incanto i labbri tuoi;
E di questo veleno un cotal poco
Tu nel baciarlo lo cospargi, ed io 800Del mio rival la gioia a te perdono.
«E morirò pur io, — ma non già quale
Morîr coteste a imputridir dannate
Abbiette creature; — io di villani
Il trionfo adornar colla mia testa 805Dopo orrendi martìri — esser gittato
Nella polve a marcir, mentre superbi
Schiavi con voce di dileggio e d’ira
Diran: di lui la deïtà quì giace! —