I delubri e le guglie, i solitari 610Padiglioni con loro auree cortine,
I lavacri di marmi ove or zampilla
Misto il sangue coll’onda, i minareti
Che pur dianzi si stero illuminati
Dal sol cadente, nè da loro uscìo 615La sacra voce che le preci impone,
Tutto, tutto dell’atre si ricopre
Ignee quadrella, e in ogni via cammina
Fieramente esultando incendio e morte.
Vede or Mokanna alfin ch’ei della terra 620Ha perduto l’impero e, pria che scenda
Dal suo trono, vorrebbe anco una prova
Porger di sua possanza. — «E che! temete?»
Così l’inverecondo ai pochi parla
Che pur l’odono ancora infra gli schiavi, 625Che languenti di fame a lui d’intorno
E dalle fiamme voratrici attinti
Giaccion vicini a morte: — «E che! temete?
Temete, e vi scorate or che premiamo
Il limitar della vittoria istessa? 630Or che, divelti dalle nostre file
I rozzi stecchi che tenean lontana
L’alma luce d’Allà, noi pochi eletti,
Di suo splendor vestiti e di sua forza