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Le antiche vie di comunicazione

attraverso gli elevati valichi alpini


Giustamente il Vaccarone nell’introduzione al suo ben noto studio su «Le vie delle Alpi Occidentali negli antichi tempi» ebbe a dire che «nelle Alpi c’è sì gran numero di tradizioni intorno all’esistenza di vie praticate anticamente ed ora scomparse, che per enumerarle tutte converrebbe scrivere volumi» [90].

Ed in tali vie, alcune delle quali sono ora coperte da ghiacciai e che comunque in generale sono abbandonate dal traffico, si credette di avere la prova sicura per dimostrare che in epoca storica relativamente recente i ghiacciai erano meno estesi di oggidì. Non mancarono tuttavia i critici che negarono tali deduzioni, non potendosi dare a quelle tradizioni alcun maggior valore di quanto si possa attribuire alle comuni leggende. Basti in proposito citare il giudizio che di esse ha dato il Richter [72] il quale così concluse la sua critica scientifica sulle tradizioni relative ad una minor estensione delle masse glaciali anteriormente al XVI secolo: «Es liegt keine einzige wirklich gut beglaublgte Nachricht vor, welche uns nöthigen würde anzunehmen dass in historischer Zeit vor dem 16 Jahrhundert, die Alpengletscher dauernd kliener gewesen seien als jetzt».

Anzi data la scarsità di documenti scritti, il che ci sembra una conseguenza naturale per quei antichi tempi, è invalsa fra gli studiosi la credenza che molti degli elevati valichi, ad esclusione di quei pochi come il Grande e Piccolo S. Bernardo già conosciuti dai romani, non solo non siano stati percorsi dai montanari ma la cui esistenza non era nemmeno ad essi nota.

Una tale affermazione ci sembra inesatta, direi quasi un controsenso, perchè non è ammissibile che presso un popolo possa essere nata la tradizione del passaggio d’un determinato valico senza averne preventivamente conosciuta la sua reale esistenza. Era invece la gente del piano e per essa l’elemento colto in grado di redigere una relazione, che non conosceva affatto le Alpi perchè non le aveva mai percorse. Ben lo comprovano i primi scritti sulle Alpi i cui autori si sono fondati in massima parte sulle informazioni avute dagli stessi montanari nello stendere le loro descrizioni.

Persuasi che le tradizioni dei nostri montanari, anche se talora un po’ esagerate o alterate con l’andar dei secoli, abbiano un fondo di verità riteniamo di poter pienamente condividere l’idea espressa da Coolidge che «les détails relatifs à certaines cols de glacier donnent à penser que, selon toute probabilité, des plus approfondies, avee ici et là des trouvailles heureuses pourraient augmenter le stock de nos connaissances sur ce chapitre. Ils ren-