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60 | CANTO |
LXXX.
Alcuni osservo poi di strano umore
Mirar con occhio livido, e invidioso
Chi la fortuna tiene in suo favore,
Vivendo inquieti nell’altrui riposo;
Conturba in lui l’altrui contento core,
L’altrui viver felice è a lor nojoso:
Ma fa chi porta invidia all’altrui bene
Con gli avanzi di quel magre le cene.
LXXXI.
E voi, che come bestie da vettura,
Che in gran viaggio han fatta la condotta,
O come un cavallaccio, che non cura
Lo spron, perchè restìo, e mai non trotta,
Oziosi, e pigri siete per natura
Da voi giammai al bene oprare indotta;
Un cavallo spallato, or ve l’avviso,
L’alme non può condurre in Paradiso.
LXXXII.
Fuggite dunque i vizi, e da Cristiani
I precetti di Dio tutti osservate,
Col ferro il sangue dagli corpi umani,
Se non siete Chirurghi, non cavate,
Con unghie acute, e con adunche mani;
Nemmen toccar la roba altrui bramate:
E come dice la divina Deca,
Lasciate stare ancor l’altrui Ghineca.