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58 | CANTO |
LXXIV.
Carne di Vacca omai cibo non sia
Per voi, lasciva, ed impudica gente;
Sopra di ogni altro poi sbandito sia
Quel vizio sì nefando, che si sente
Regnare in molti, che trovan la via
Di convertir la pioggia in fiamma ardente;
Poichè se Iddio creò sì bello il Mondo
Fa gran peccato chi gli guasta il tondo.
LXXV.
Ma voi che l’odio, e il grave sdegno incita
Alle vendette, ed a crudeli imprese,
Col nemico a far pace il Cielo invita,
Perchè restin alfin vostr’alme illese;
Bella guerriera a morte già ferita
Vi sia d’esempio in perdonar l’offese:
Udite come in dolci note intuona,
Amico hai vinto, io ti perdon, perdona.
LXXVI.
E non mi state a dire, o Padre, io sono
Di tal natura, che se vengo offeso
Non mi posso ridur con il perdono
A dar la pace a quel da cui son leso;
Non mi spaventa il folgore, nè il tuono,
Della morte al timor mai mi son reso;
So che nel Mondo, che di matti è gabbia,
Tant’è morir di amor, quanto di rabbia.