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TERZO. 55


LXV.


Come gonfio pallon, che spesso balza
     Quando è caduto, e vien gettato al piano,
     O che talor verso le Stelle incalza
     Di esperto giocator possente mano,
     E da tal forza spinto assai s’inalza
     Verso del cielo, ed il fermarsi è vano;
     Perchè alla terra alfin torna repente
     Precipitevolissimevolmente.

LXVI.


Così fa l’uom, che a sommi gradi aspira,
     E che superbo al merto altrui non cede,
     Come s’avanza, incalza, ascende, e gira
     Con desìo di fermare in alto il piede:
     Ma caduto ch’egli è piange, e sospira
     Le perdute grandezze, e alfin si vede
     In vece di portar corona, e scetro
     Sotto la più vil veste in un feretro.

LXVII.


Videsi anche il superbo Saladino
     Dalla sorte comune esser tradito;
     E perchè andò di là senza un quattrino
     Volle che si trombasse il suo vestito,
     Gridando, ecco l’avanzo del meschino;
     Chi ha da aver da lui or ch’è basito,
     O venga, o mandi carta di procura
     Per darli un po’ di naso in sepoltura.