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52 | CANTO |
LVI.
Padre, dirammi alcun, un mal da biacca
Non è già questo, mentre l’uom soggiace
A troppa fiera tentazione, e fiacca
È la natura, e il buono a tutti piace;
A troje il verro inclina, e per la vacca
I tori il vizio tira; e sia con pace
Detto di tutti, ognun corre alla carne
Come il bracco suol far dietro le starne.
LVII.
Se quì fosser le forche, e preparato
Per far la festa il boja ancor vedessi,
E per le donne subito impiccato
Or or quì caldo caldo esser dovessi,
Non potrebbero far che dal peccato,
E vizio della carne io m’astenessi:
Perchè quell’animal ch’è tutta coda
Legge non ha, nè col timor s’annoda.
LVIII.
Ah scellerato, e tristo peccatore,
Che al senso più, che alla ragion t’appigli!
Se vano affetto in te scaccia il timore
Certo t’inganni, e granchi a secco pigli;
Pur ti tormenta un amoroso ardore,
E poi non temi gli ultimi perigli;
Ma questo avvien, perchè di fede impuro
Credi al presente sol, non al futuro.