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TERZO. | 39 |
XVII.
Quì si fora, si trincia, e fan giubboni,
E botteghe son tutte di sartore,
Sopra tutti si taglia o tristi, o buoni,
E si fanno le vesti al disonore;
Di gonnelle, di toghe, e di calzoni
Giudice è quivi ognun ch’a tutte l’ore
Con rigoroso esamine procura
Metter la fama altrui alla tortura.
XVIII.
Ciascun in far de’ fatti altrui gli annali
Con satirico stil quivi s’ingegna,
Questi son quà, quelli son là, e i tali
Sono di razza, che di forca è degna;
Quei che passeggian là nel vizio eguali
Posson tra’ furbi affè portar l’insegna;
Del Clero poi, e delle sagre toniche
Grand’istorie si fanno e lunghe Croniche.
XIX.
Dalla curiosità più volte spinti
A sentir ciarlatani, e commedianti
So che voi foste, e di lascivia tinti
Vi compiaceste degli osceni canti;
False ricette, e i lor segreti finti
Compraste ancor da simili furfanti,
Che cercan sempre di gabbar le genti
Con estratti, con olj, e con unguenti.