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28 CANTO


XXXII.


Cangiò la Mitria in borsa, e il Pastorale
     In una falce, che levava il pelo:
     Se i vizi suoi celò sotto il Piviale,
     Pose agli altrui con l’avarizia il velo;
     E dimostrò, che in rimediare al male
     Dell’interesse lo mangiava il zelo:
     De’ Sacramenti pure il settenario
     Numero giunger fè fino al denario.

XXXIII.


Del tutto già informato il Gesuita
     Gli fece un solennissimo sermone,
     E la di lui sì licenziosa vita
     Gli rinfacciò con aspra riprensione;
     E se non la facea ormai finita
     Minacciogli l’eterna dannazione,
     Perch’era nel conceder la patente
     Per interesse sol troppo indulgente.

XXXIV.


Un giorno dunque andato all’udienza
     Prima che cominciasse la Missione,
     Per ottener da lui buona licenza,
     O facoltade, o sia Benedizione,
     Dopo le ceremonie, e riverenza
     A fargli cominciò cotal sermone:
     Illustrissimo, sol quattro parole
     Dir quì vorrei fra noi, se non vi duole.