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26 CANTO


XXVI.


Or mentre lui nel confessar procura
     La salute d’ognun che ascolta e sente,
     E con bravate ogni coscienza dura
     Rende poi ammollita in chi si pente,
     Un grillo, temerario per natura,
     Mi salta in capo, e mi riduce in mente
     Del Vescovo i costumi; ed occasione
     Certamente ne porge la Missione.

XXVII.


Viveva allora un certo Monsignore,
     Che Filippo per nome era chiamato,
     Qual sebben di Cortona era Pastore,
     Mostravasi però lupo affamato,
     Poichè con il rapace suo furore
     Ridusse il Clero in sì cattivo stato;
     Che si può dir che fece un Galileo
     Peggio che Armeni a San Bartolommeo.

XXVIII.


Al picciol corpo, alla statura bassa
     In lui s’accompagnò l’animo vile,
     L’ingegno acuto, e la coscienza crassa,
     Un cervello incostante, e puerile:
     E la natura in lui fece una massa
     Del criminale insieme, e del civile;
     Fu buon Legista, e il giusto discerneva,
     Ma solamente quando a lui pareva.