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18 | CANTO |
II.
So ben che alcun dirà del fatto mio,
Che Poeta mi tien da due bajocchi,
Che sono un pazzo da catena, ed io
Non glielo nego, pur che a lui ne tocchi:
Il Pegaso per me non ha il restìo,
Nè le spronate m’han rotto i ginocchi;
Ma questo giuoco voglio che fra noi
Finisca, e vada il marcio a doi a doi.
III.
Ora di biasmo alcune voci sento
Di certi Gabellieri degli impacci,
Che de’ versi di amor aman l’accento
Stimando opra da ciechi i miei versacci;
Ma col darmi di naso a lor talento
Le freghe al tafanario ognun mi facci,
Come fanno i ragazzi alle cicale,
Perch’io canti di loro, o bene, o male.
IV.
Ma già di mie promesse or la memoria
Propon di nuovo a me la tela ordita,
Con esortarmi a proseguir l’istoria
Del nostro Missionario Gesuita.
Musa, ridimmi con qual festa, e gloria
Venne costui a riformar la vita
Della viziosa, e scellerata gente,
Mentre n’ebbe dal Papa la patente.