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PRIMO. | 11 |
XXIX.
Non era di que’ dotti Formalisti,
Che distinguono il grosso dal sottile,
E per accrescer numero a’ Sofisti
Alla scuola vicino hanno il fenile,
Governandosi quivi alcuni tristi,
Che invidiano la fune al campanile;
Ma se la sottigliezza non gli guasta
Gnocchi si fanno poi di buona pasta.
XXX.
Nè dirò già, che fosse di quei Frati,
Che con qualche apparente repugnanza
Son col nome di Servi disegnati,
Mentre padroni sono alla sostanza;
Ne meno di quei capi delicati,
Che monasticamente in adunanza
Ritengono col nome, e professione
Diminutiva la Benedizione.
XXXI.
Non già di quei, che portan la gran cappa
Sterminio della fava cotta asciutta,
Che dalla carità tuttora strappa
La caritade istessa; onde ridutta
La carne anche a mangiar fuor della Frappa
In casa d’altri; a dirla chiara, e tutta
Un epilogo son di poco buoni
Mentre antepongon carne, e buon bocconi.