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10 | CANTO |
XXVI.
Ne meno di color, che da Nembrotte,
Per poter arrivar sino alle Stelle,
Furo invitati con le pietre cotte
A fabbricar la Torre di Babelle;
E si diedero poi la buona notte
Con varietà di lingue e di favelle:
Dico di quelli, che in virtù d’Elia
Si stimano Priori anche al Messia.
XXVII.
Nè di color, che d’asinin colore
Portan la cappa con il becco al petto;
Nè di quei, che di carne il buon sapore
Pittagorici nuovi hanno in dispetto;
Nè di quei, che il silenzio a tutte l’ore
In selvaggio tugurio han per precetto,
Col fuggir le grandezze, e pompe vane,
Stan come gli orsi ad abitar le tane.
XXVIII.
Ne men di quei, che su l’Ispane arene
Trasser da nobil Padre i lor natali,
Per cui la Santa Chiesa oggi ritiene
Sommo decoro in faccia a’ suoi rivali;
Superbi avanzi dell’antica Atene,
Sacri Dottori, e specchio de’ mortali;
E per la fedeltà verso il Pastore
Posson chiamarsi Cani del Signore.