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RITRATTAZIONE 117


V.


Frena, o Momo la tua lingua mordace,
     Nè più voglia ti venga di tentarmi:
     Lo stesso Apollo, s’io fui troppo audace,
     Spezzi lo stil de miei pungenti carmi;
     Che se la penna fu per me fallace,
     Con essa pure il vanto voglio darmi,
     Che in ferire, e sanar ben più di mille
     Divenga oggi per me l’asta d’Achille.

VI.


Non sempre segno è d’animo incostante
     Diversa aver dall’opera la mente;
     Per correttivo d'ogni umor peccante
     Spesso il mutar parere è da prudente:
     Tra nuove frondi fan frutto le piante,
     Lascia la vecchia spoglia anco il serpente;
     E si stima un pensier troppo fissato
     D’uomo costante nò, ma d’ostinato.

VII.


Pubbliche Confessioni io già cantai
     Da giovenil follia mosso, e guidato;
     Con troppa libertà troppo scherzai
     Di persone di grado, e d’ogni stato;
     E de costumi ancora io dissi assai
     Di chi allor di Cortona era Prelato,
     Pien di bontà; ma trapassare il segno
     D’ogni difetto fe l’ira, e lo sdegno.