Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
94 | CANTO |
XXXV.
Quando un Villano, roba del Padrone,
Per furtum factum, poi avesse avuto,
Senza trattar della restituzione
Con un’Ave Maria era assoluto;
Anzi per segno poi di divozione
A star zitto il Padrone era tenuto;
E rilasciando il proprio in man rapace
Con gli altri poi gridar viva la pace.
XXXVI.
Ma qu+, lasciato il piano, alla montagna
Vedo che il nostro Padre ora s’invia;
Dove a gente più zotica, e taccagna
S’accinge ad insegnar del Ciel la via;
Quivi facendo mirabilia magna,
Pur la ridusse a buona ortografia
Con la dottrina, che già seminata
Sopra quei monti mai si vide nata.
XXXVII.
Giunto ch’ei fu tra così dure genti
Disse: la pace sia con voi Fratelli,
Dio sia quel che v’allumini le menti;
E vi cangi di lupi in bianchi agnelli:
In pulpito dipoi con rauchi accenti
Fece sermoni assai galanti, e belli;
E per rendersi grato agli ascoltanti
In tal guisa parlava a lor davanti.