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QUINTO. 89


XX.


Un gatto, Padre, dentro a uno stivale
     Più volte, disse un altro, ho tentennato:
     Rispose il Padre: non facesti male,
     Perchè dall’unghie sue ti siei salvato .
     Minchion io fui, che da una bestia tale
     Da giovine restai tutto graffiato;
     E per aver manco di te cervello,
     Ebbi a lasciar la testa, ed il cappello.

XXI.


Padre, diceva un altro, io son Pastore,
     Che vado or per il monte, or per la valle,
     Nè furon mai dal mio carnal furore
     Le somare sicure, e le cavalle:
     Per contentare in me cotale umore
     Non basterebber poi tutte le stalle,
     Ripiene d’ogni razza di animale,
     All’appetito mio tanto bestiale.

XXII.


L’esser poi con le mani ardito, e lesto,
     E l’aver sempre in esse il rasparello,
     Nell’uva del Padron farvi l’agresto,
     E nell’aia adoprar d’ugne il rastrello;
     In tutte le raccolte far del resto,
     Uscìa di bocca ad ogni villanello,
     Che a man giunte dipoi la remissione
     Per se chiedeva, e non per il Padrone.