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numero 5 che Enrico VII colle investiture di Serravalle, di Stazzano, Pastorana, Castelletto, San Cristoforo, Carlemonte; e tutta la Valle Scrivia concedesse altresì ad Opizzino la facoltà di battere moneta. Ma in quel diploma, che io pur reco tra i documenti, non è parola di zecca. Di essa parlasi invece nelle investiture, che i successori di Enrico diedero ai varii Spinola in tempi posteriori, e specialmente nel corso del decimosesto e decimosettimo secolo, nei quali innalzarono in favor loro a Marchesati e Contee varie terre della Valle Scrivia, della Borbera e del Lemmo. E sebbene il privilegio della zecca a molti altri Spinola si consentisse, pur che io sappia non ne usarono, che i Conti di Tassarolo, i Marchesi di Arquata, i Conti di Ronco, ch’erano altresì Marchesi di Roccaforte, ed una sola volta Gian Battista Marchese di Vergagni.
Chi descrive le monete di costoro dà piena contezza di tutte quelle che gli Spinola coniarono nei loro feudi, al che ora mi accingo.
Ma prima mi piace avvertire, che sebbene asserisca il Bottazzi nelle sue Osservazioni storico-critiche sui ruderi di Libarna di aver veduto una sola rara moneta degli Spinola di Serravalle, io sono d’avviso, che quel ramo degli Spinola mai ne battesse, e ch´egli abbia chiamata moneta la medaglia di Battista che io nei capi seguenti descriverò. E sebbene tale confusione sembri strana in un erudito di gran valore, com’era il Bottazzi, pur ci si fa sempre più manifesta da quelle espressioni, ch’egli aggiunge, moneta in prova del loro dominio, senza però diritto di zecca.