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meno rare essere i denari imperiali. ludi notai come nell’istessa epoca aprirono zecca anche i marchesi di Saluzzo, Incisa e Ponzone, tutti ugualmente pretendenti discendere dal celebre Aleramo, e che quest’epoca coincideva esattamente con quella in cui Teodoro Paleologo, appena preso possesso del marchesato di Monferrato lasciato alla sua madre Violante dal fratello Giovanni ultimo di questi marchesi della stirpe aleramica, ne aperse una propria in Chivasso, sicuro di avere tal diritto per esser figliuolo dell’imperatore greco.
Constando poi dagli storici nostri antichi che i suddetti aleramici, e specialmente il saluzzese per esserne il più potente, subito che lo seppero stabilito nel nuovo stato gli si mostrarono ostili, pretendendo essi tal successione come della stessa stirpe degli antichi monferrini, e vedendo che senza averne l’autorizzazione dall’imperatore tedesco, il solo tra noi da cui in allora si riputava potersi ottenere tal prerogativa, Teodoro moneta propria coniava, dovettero credere che ugualmente loro fosse lecito di godere di quel privilegio, e che così ciò debba esser avvenuto si arguisce dalla grida di Enrico VII del 13101, pella quale fu proibito il corso specialmente degli imperiali battuti in Chivasso, Incisa, Ponzone e Cortemiglìa; e questa specie di moneta è precisamente quella che men raramente si trova uscita in quei pochi anni da tali zecche.
Che questo decreto imperiale abbia avuto effetto, ciò lo prova che non solamente tali officine, ad eccezione di quella di Chivasso come si vedrà, cessarono di lavorare le monete proibitevi, ma vennero totalmente chiuse, non trovandosi indi più segno alcuno della loro esistenza2.
Esposto questo affine di rettificare quanto prima avevo detto
- ↑ Monete del Piemonte inedite o rare. Torino 1852, pag.42.
- ↑ Credo di notare che, riguardo atta zecca d’Incisa, quantunque esista il privilegio par essa concesso a quei marchesi dall’imperatore Carlo IV nel 1364, tuttavia, come meglio dirò a suo luogo, non consta che di esso abbiano usato, e poi le monete che allora sarebbero state coniate nulla avrebbero di comune coi denari imperiali ora menzionali. In quanto ai marchesi di Saluzzo, sebbene nell’anzidetta grida i loro denari non siano nominali, tuttavia, come già dimostrai parlando della secca dei Paleologi, emisero essi pure in tale epoca dei suddetti imperiali, ed indi della loco zecca non trovasi più indizio sino al finir del secolo XV, quando, ad imitazione di altri di quel tempo, una ne aprirono in Carmagnola. Riguardo poi ai marchesi di Ceva, pure creduti