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Roma spettava o all’imperatore od al senato od al pontefice; in conseguenza affine di meglio confutare quanto di erroneo ci pare di vedere in ciascheduno, dobbiamo toccare nuovamente questa materia, della quale abbiamo già avanti discusso.

Comincieremo adunque dal vedere sopra qual fondamento si appoggi l’opinione dell’autore che volle vedere a quest’epoca il senato e popolo romano signore di questo ducato. Questi è il celebre conte Carli sì benemerito della numismatica italiana1.

Il Carli crede che per causa dell’eresia degli iconoclasti promossa da Leone Isauro e da Costantino Copronimo, il popolo romano da essi si staccasse, e che cominciasse dall’eleggere dei duchi proprii nelle città della repubblica, e che intorno all’anno 728 avesse principio il riacquisto della sua libertà. Soggiunge poi che il senato ed il popolo ritornarono agli uffici antichi senza dipendere da alcuno, a sè restituendo tutta quella libertà che dai cesari loro era stata tolta, e confermata indi con giuramento da Carlo Magno e suoi successori prima d’essere incoronati; e che era il popolo che chiamavasi di S. Pietro come il Veneto dicevasi popolo di S. Marco, e conchiude dicendo che la zecca, per quanto gli sembra, non era nè dell’Imperatore, nè del Papa, ma del Senato di Roma, ad ambedue rispettivamente soggetto. Il che non corrisponderebbe a quanto prima afferma essere quel popolo indipendente.

Che Roma dal momento che veniva mancando l’autorità degli imperatori di Bisanzio riacquistasse libertà è certo, ma però prima sotto la protezione e poi sotto la dipendenza dei papi, e siccome il senato, cui credo fosse affidata l’amministrazione della città, sotto il dominio de’ Greci riceveva dai duchi la sua direzione, dopo dai pontefici dipendeva. Le parole del giuramento che dice dato da Carlo e suoi successori di conservare honorem et libertates urbis non si trovano punto osate al tempo dei Carolingi ma appartengono ad epoca posteriore, ed appunto Cencio Camerario che le riporta nel Cerimoniale Romanum da esso compilato, scriveva nei primi anni del sec. xiii. È probabile che la zecca pure amministrasse il senato, ma l’utile che ne ricavava ai papi rimettendo, non già che la dirigesse qual rappresentante il popolo romano, niente esistendo che possa lasciarlo solamente sospettare prima del secolo xii, quando il senato tentando di costituirsi indipendente coniò moneta a nome proprio, e le storie di questi tempi ci fanno conoscere a quale stato d’abbassamento questi tentativi d’indipendenza

  1. Dell’istituzione delle zecche d’Italia. Mantova, 1754, pag. 131.