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che non temerono di mandare a Carlo una lista d’infami accuse contro di esso, andò a trovarlo a Paderborna, dove fu ricevuto come conveniva al capo della cristianità.

Il re conosciuto tale enormità desiderava di severamente punirne gli autori, ma prima chiamato il parere d’Alcuino suo consigliere, questi gli rispose parergli più prudente di agire con dolcezza coi Romani per timor di peggio, e questo nota il Muratori per poter dire con Eccardo che Carlo amava meglio usar riguardi a quelli che far giustizia al pontefice, il che però quanto fosse vero dalla stessa condotta di quel re è smentito, poichè essendo il papa ritornato a Roma, vi venne ricevuto colle più grandi dimostrazioni d’affetto, ed i messi di Carlo avendo citati gli accusatori a comparire, e questi nulla avendo potato provare di quanto avevano scritto, furono mandati in esilio in Francia.

Avendo indi Carlo radunata nell’800 una dieta a Magonza, nella quale rememoravit de iniuria quam Romani Apostolico Leoni fecerunt1, venne dopo in Italia, e giunse a Roma nei primi di dicembre.

Subito fece una radunanza di vescovi ed altri ecclesiastici e de’ primati del popolo, e sedendo accanto al papa citò i di lui accusatori a comparire, ma nessuno essendosi presentato, Leone salito sull’ambone giurò sui sacri evangeli di non credere d’aver commesso que’ delitti dei quali veniva accusata Allora cantossi solennemente il Te Deum, e così ebbe fine questo accidente.

Essendo poi il re intervenuto il dì di Natale alla messa solenne del papa nella basilica vaticana, finita essa Leone gli pose sul capo una preziosa corona, e nello stesso tempo che il clero ed il popolo colla formola d’uso Carolo Magno Imperatori, Caesari Augusto piissimo et pacifico a Deo coronato vita et victoria lo acclamava imperatore de’ Romani ed immediatamente il papa lo unse unitamente al figliuolo Pipino. Carlo indi prestò il seguente giuramento2. In nomine Christi spondeo atque polliceor ego Carolus Imperator coram Deo et Sancto Petro Apostolo me protectorem ac defensorem fore huius Sanctae Romanae Ecclesiae in omnibus utilitatibus quatenus divino fultus fuero auxilio prout sciero poteroque etc., e con questa stessa formola continuarono a giurare i suoi successori nell’impero prima d’essere incoronati.

Eginardo che trovavasi in Roma, scrisse che Carlo in tal occasione a Pontifice more antiquorum Principum adoratus est, onde molti moderni ne

  1. Annales Lambeciani, Muratori, Rer. Ital. script. T. II. Pars II, col. 114.
  2. Rasponi, come sopra, pag. 142