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la corona, promise di restituire alla Chiesa romana Faenza, Imola, Bologna, Ferrara, Osimo, Ancona ed Umana, città che già facean parte della provincia d’Italia, et in pacis quiete cum eadem Dei ecclesia et nostro populo (cioè della Chiesa) semper mansurum professus est, come scriveva Stefano a Pipino nel 7571. Nella qual lettera soggiungeva il papa, che Desiderio spopondit iustitiam sanctae Dei Ecclesiae Reipublicae Romanorum, B. Petro protutori tuo plenius restituere et in pacis quiete cum Ecclesia Dei et nostro populo sicut in pactibus (e non partibus come fu già stampato) a tua bonitate confirmatis continetur, cioè come era stato convenuto nella sudetta pace dal re franco segnata.
Da queste tre citazioni e da quelle altre che in seguito riporteremo, evidentemente appare che per Respublica Romanorum in questi tempi non più s’intendeva l’impero romano, ma bensì il popolo di Roma che dai papi già in fatto dipendeva, vedendosi le parole Respublica Romanorum e populus noster impiegate collo stesso significato.
Il pontefice frattanto mandò l’abate Fuldrado ed il diacono Paolo a stringere accordo con Desiderio, e indi indusse con lettere Rachis a ritornare al suo monastero. Non potè però vedere se queste sue speranze avrebbero avuto effetto, essendo che mancò ai vivi nell’aprile dello stesso anno.
Nessuna moneta certamente fece coniare questo Pontefice, conservandosi ancora in Roma almeno un’apparenza di sovranità per parte degli imperatori, solamente potrebbe essere che abbia fatto battere tessere come i suoi antecessori Gregorio III e Zaccaria, quantunque nessuna sinora però se ne conosca, essendo stata sino agli ultimi tempi del suo pontificato la condizione del ducato romano quella stessa di prima.
757-767.
Appena fu sepolto Stefano che venne eletto a succedergli Paolo diacono suo fratello, e senz’altro subito consecrato.
Scrisse immantinente al re Pipino per dargli parte della sua elezione2, ed in detta lettera lo chiama ausiliator et defensor Rex, quod firmi et robusti