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altra volta l’assedio a Pavia, onde Astolfo dovette alla fine cedere, e pagate grosse somme per le spese della guerra diede nelle mani dell’abate Fuldrado, a ciò dal re franco delegate, non solamente le città dell’esarcato, ma anche Comacchio e Narni, delle quali presone questi possesso, le chiavi depose sull’altare di S. Pietro coll’atto solenne della donazione che ne faceva alla Chiesa romana Pipino.

Di ciò parlando, credo non fuor di proposito di esporre alcune mie osservazioni sopra l’opinione dal Muratori emessa circa il patriziato romano e la celebre donazione di questo re.

Cominciando dal patriziato, questo celebre scrittore dice1 significare, che la persona che ne veniva insignita era signora di Roma e del suo ducato, il che è falso, essendo cosa nota che, fintantochè questa provincia rimase soggetta agl’imperatori Bizantini, il patrizio altro non era che un loro luogotenente, e dal momento che i re franchi furono di tal dignità investiti dai papi, concedasi anche col consenso del popolo romano, dalle lettere stesse di questi re ai pontefici, dalle esplicite parole di un atto di Pipino, del quale in seguito parleremo, e dagli storici con temporanei risulta, che essa mediante divenivano gli avvocati della Chiesa romana, collo speciale incarico della difesa della santa sede, sia contro i suoi nemici esterni che contro le fazioni di Roma. In quanto alla donazione di Pipino trovando il Muratori in essa menzionate città e provincie che mai furono della Chiesa, causogli sospetto che fosse stata interpolate, non amando trovare che il papa restasse assoluto sovrano degli stati donatigli, epperciò per oppugnarla comincia dal riferire uno squarcio di lettera di Stefano a questo re2, nella quale dice che esso aveva confermato propria voluntate per donationis paginam beato Petro, sanctaeque Dei Ecclesiae, et reipublicae, civitates et loca restituenda. Ora per repubblica essendosi sempre inteso l’impero romano, non sa comprendere cosa fosse allora restituito al papa, indi gli nasce dubbio circa la specie di governo che reggeva Roma, e se veramente questa città allora si cedesse ai papi. Così pargli impossibile che Pipino non si riservasse qualche dominio sopra l’esarcato. Indi all’anno 757 enumerando le provincie e terre che erano state a S. Pietro donate secondo anche dissero Anastasio e Leone Ostiense, lascia vedere di non credervi; ma non avendo egli mai veduto copia di tal atto, ignorava non essere esso una donazione, ma solenne promessa da Pipino fatta

  1. Annali d’Italia all’anno 741.
  2. All’anno 755.