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sopradette monete d’oro, epperciò sono convessi da un lato e concavi dall’altro, e siccome nei tremissi longobardi la testa del re è appena graffita, quando il S. Michele è di rilievo, così in vari di questi evvi da un canto pure una testa graffita, e dall’altro un monogramma in rilievo.

Questo ben esaminato non trovai contenere che le lettere PE e R ed alle volte RX con sovente varie perlette nel campo, ed attorno un largo anello, che in qualche pezzo presenta una corona imitata da quella che vedesi nei quinari d’argento del basso impero.

Il S. Quintino non credette che vi potesse essere ostacolo a dire silique tali monetuccie longobardiche, solamente che gli parve di trovare nei monogrammi le lettere ora di PER, ora di CER ed anche LPR, leggendovi perciò Pertarit, Cunipert e Luitprant, ma come dissi avendo avuto la fortuna di acquistare quasi intera la trovaglia, riconobbi che non esistevano che le lettere sopradette di PE che leggo Pertarit e R o RX per Rex, alcune volte però colla E formata della parte inferiore dell’asta della P ed invece dei tre tratti traversali, di tre globetti, sempre più o meno barbaramente incisi.

Convengo poi anch’io colla opinione di questo nostro preclaro numismatico, che nessuna bracteata propria della Germania esista impressa in simil modo, avendo tutte molto rilievo da una parte, e dall’altra nient’altro che il corrispondente incavo, non trovando probabile l’opinione che quando si fosse voluto mettere il nome del re Pertarido una B e non P si sarebbe impressa, e poichè anzi ne’ documenti pubblicati dal Troya1 sempre Pertaridus e mai Bertaridus leggesi, vedendosi usare tal lettera ne’ nomi proprii i Longobardi a preferenza della B.

Neppure si potrebbe addurre che questa nazione non conosceva moneta d’argento, non essendosene mai prima trovata alcuna, e nelle loro leggi non vedendosi menzionata.

Il non essere nominata nelle leggi, ciò avvenne dall’uso introdotto di imitare gli atti pubblici dei Romani nei quali solamente il soldo d’oro citato trovasi, ed essendo questa direi quasi la sola moneta legale; però, come mai una nazione povera come questa in tempi tutt’altro che d’abbondanza, avrebbe potuto fare nelle minute transazioni coi soli tremissi, pezzi che sono del valore intrinseco d’incirca quattro franchi!

Il non essersi sinora conosciute tali monete non prova che non se ne sian emesse, ma solamente che non se ne eran scoperte, e veramente se non fossero state queste silique in grosso numero e ben riparate in foglio di piombo, l’ossido le avrebbe tutte corrose, e poi non sono esse rarissime le longobarde d’oro quantunque molto più consistenti e larghe, e di un metallo molto meno soggetto ad ossidarsi?

Che esse siano silique, o meglio mezze silique, credo non si possa dubitare, esistendo tal moneta come ci risulta da papiro di Ravenna dell’anno 18 di

  1. Codice diplomatico longobardo. Parte V.