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VIII Al prof. Antelmo Severini.

cosa che essi non sapevano e che non si sapeva da altri, da un autore italiano; il che non dissi certamente perchè la cosa rechi soverchio dispiacere a me, ma perchè non mi pare un indizio assai lieto di nostra grande maturità agli studii. Nè ho uopo di dichiararle, perchè Ella se lo immagina, che proprio non ambisco e non attendo da questo libretto in Italia gloria o fortuna alcuna: solamente m’auguro ch’esso sia letto da italiani, poichè io lo stampo con l’illusione che non riesca loro intieramente inutile, e perchè davvero m’importa che anche i nostri intelletti s’aprano alla luce delle indagini comparative nel campo de’ miti. Io apro dunque in queste pagine un nuovo, tenue spiraglio ad una tal luce; e nel celebrare modestamente un simile rito, come usano alcuni autori indiani, per buon augurio, invoco, dopo il nome della divinità, quello d’un savio, e, per questa volta, il nome del mio dotto e caro Severini, affinchè, con la sua sempre desiderata benevolenza, mi assista.

Di Santo Stefano di Calcinaia
presso Lastra a Signa, 15 luglio 1880.

Angelo De Gubernatis.