gia mitologica indo-europea si vede spesso l’eroe rappresentato dal suo animale, e come si dice nelle novelline russe, dalla sua caccia, che ne fa le veci, che combatte per esso; anche nella Gigantomachia si vede il serpente di Minerva avvolgere nelle sue spire il gigante che la Dea afferrò per i capelli; l’aquila di Zeus con uno de’ suoi artigli sbrana la mascella inferiore di uno de’ serpenti. Così dovettero prender parte alla lotta il molosso di Diana, la pantera di Bacco. In questa rappresentazione ellenica l’antica lotta mitologica fra gli Dei e i Demonii, fra la luce e la tenebra, appare, in somma, nella sua più vivace e potente personificazione. Ora, se come abbiamo veduto fin qui, il mito di Prometeo ebbe umile e assai materiale principio, a pena nacque il concetto che questo rapitore del fuoco fosse un titano potente, esso prese posto nel gran poema della Titanomachia, e in quella lotta apparve un vero gigante, un degno avversario di Zeus, quasi un altro Zeus. Da questo momento mitico, si dimentica, senza dubbio, ogni parentela di Prometheus col pramantha vedico, per vedere solamente più in lui l’agitatore formidabile di questo pramantha, che vuol togliere a Zeus il suo scettro, che vuol strappare il fulmine a Giove, e che finisce legato alla rupe per venire straziato dall’avvoltoio o dall’aquila, come il serpente della Titanomachia viene straziato dall’artiglio dell’aquila di Zeus. A questo punto Prometeo diviene un ribelle al nume, e più che all’Adamo biblico egli rassomiglia allora al Satana, al Lucifero, che nella lotta primeva degli angioli ribelli, venne