del vento, è Mâtariçvan propriamente quello che si muove nell’aranî inferiore, nella Pr’ithivî, nell’Aditi celeste, nella vôlta del cielo, e, in quanto questa sia tenebrosa o nuvolosa, nella tenebra nella nuvola. La leggenda vedica narra che il fuoco essendo scomparso, Mâtariçvan lo riportò ai Bhr’igu, un’antica stirpe sacerdotale, od a Manu, che figura poi come il primo de’ mortali, ma che personificò in origine l’astro lunare. Una variante di questo mito dice ora che i Bhr’igu stessi, ora che gli Angirasi, o Atharvan, rintracciarono il fuoco nella caverna ove s’era nascosto. Ora i Bhr’igu, gli Angirasi, Atharvan appaiono tutti come Mâtariçvan figure parziali, attributi, compagni di Agni il fuoco, il Dio del fuoco, che dicemmo già personificarsi in tutti i corpi luminosi celesti, ma specialmente nei sole e nel fulmine; essi sono dunque particolarmente raggi solari, o lampi. Il prof. Kuhn riconobbe anche etimologicamente nei Bhr’igu i fulgenti, i flagranti; avvicinò qui naturalmente, come rifulgenti per eccellenza, le folgori e il tedesco blitz. Secondo il Kuhn i Bhr’igu che apportano il fuoco sulla terra non sarebbero dunque altro che i fulmini. Ma non mi pare tuttavia esclusa la possibilità di dichiarar pure questi esseri luminosi, rifulgenti, che ritrovano il fuoco nascosto e lo riconducono fuori, come raggi solari, i quali rinnovano nel cielo anche più frequentemente e più splendidamente del fulmine questo miracolo. Ora secondo una leggenda del Mahâbhârata, Bhr’igu sarebbe nato nel sacrificio di Varuna (ossia del cielo, che