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L’acqua. 25

luminoso per eccellenza, ricordiamo le espressioni figurate che si mantengono ancora vive nel nostro linguaggio. Quando noi diciamo sempre: un’onda di luce, un mare di luce, raffiguriamo evidentemente la luce come un liquido luminoso. È quindi naturale il pensare che il cielo, chiamato negli inni vedici Dyu, il luminoso, di che ha conservato pur traccia la lingua latina nell’espressione: sub Dio vivere che un francese tradurrebbe vivre à la belle étoile, siasi rappresentato come un oceano luminoso; questo cielo stellato, che il mito greco raffigurava come un Argo dai cento occhi, si trasforma quindi in un oceano solcato dalla nave Argo, dagli Argonauti, i quali vanno alla conquista del Vello d’oro, ossia alla conquista del cielo aurato, dell’Aurora, rappresentata dai greci come una Medea custoditrice del vello d’oro. Questo stesso oceano è solcato da Ercole quando ritorna dall’orto delle Esperidi, che rappresenta specialmente il cielo aurato occidentale, l’aurora vespertina. Questo oceano stesso, secondo la finzione mitica, ogni notte, in una nave misteriosa invisibile all’occhio mortale, solca il sole muovendo da occidente ad oriente, onde risorge luminoso al mattino.

Il cielo è ancora l’oceano sopra il quale i poeti orfici immaginavano che si muovesse l’uovo cosmico onde il mondo emerse; l’oceano onde l’Hiranyagarbha o germe d’oro indiano, i Brâhmanda uovo di Brahman, uscì per creare i mondi. Il cielo vien raffigurato dalle acque sopra le quali secondo il racconto biblico, soffiò per creare, lo spirito di Dio; il cielo è l’oceano inondante il