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Miti ario-africani. 145

volendo far onore ai suoi ospiti gustò di tutti i gelati, facendo quindi cenno cortese al re d’Italia e a tutta la corte che essi potevano continuare. Ora leggiamo che il capo degli Ovaherero, quando imbandisce il privilegiato ehango a’ suoi ospiti, lo dà, prima di mangiarne egli stesso, ad assaggiare a tutti i principali; quella cerimonia si chiama makera, ossia consecrazione per mezzo del gusto. Ma non tutti gli ospiti hanno diritto all’onore del makera; per ottenerlo bisogna essere dello stesso oruzo, ossia dello stesso ordine gerarchico del capo. Ne’ casi dubbî, ossia quando il capo non è ben certo che un ospite abbia diritto al makera, invece di porgergli l’ehango con le proprie mani, colloca il pezzo di carne fra le dita d’un piede e lo accosta così alla bocca dell’ospite di qualità incerta, perchè se ne stacchi un pezzo. Con tale espediente si salvano la capra ed i cavoli tra gli Ovaherero.

Dopo la circoncisione i fanciulli Ovaherero sono sottoposti ad un altro piccolo supplizio; arrivati agli otto o dieci anni, si strappano loro i quattro denti anteriori nella mandibola inferiore, e si arrotano i superiori a forma di punta di lancia, col mezzo di una pietra. Anche in tale occasione si celebra una festa, presso il fuoco sacro. Ad impedire i tristi effetti di quella violenta operazione si prepara una specie di cataplasma con le radici dell’amuvapu (un albero che ha una parte essenziale nelle cerimonie sacre di quei popoli africani), e si pone sulla testa dei fanciulli.

A sette anni si tosa il fanciullo per la prima

De Gubernatis. 10