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Miti ario-africani. 141

i malanni. È una specie di gran sacrificio, pel quale s’invitano dai vicini villaggi i sacerdoti o dottori (Dingaka), per dargli maggiore solennità. L’animale sacrificato deve sempre essere un toro nero. Gli si cuciono gli occhi, sì che diventi come se fosse cieco, e lo si lascia per due o tre giorni andare dove vuole (come usano gl’Indiani, nella festa dei fiori, con la vacca dell’abbondanza). Poi l’animale s’uccide; e la miglior carne cotta sotto la sorveglianza de’ Dottori si distribuisce fra i principali della città; il sangue si mescola con un decotto di ogni sorta di radici ed erbe, od anche con un decotto di ossa di gemelli umani, che sono ritenuti come di cattivo augurio. Quando ogni cosa è pronta, si pianta un pilastro innanzi al luogo dove siede il capo del villaggio o della città e si unge il pilastro con quel decotto. Si trovano pure tali pilastri ai vari ingressi della città e sulle strade che conducono alla città e si ungono del pari; o pure si sospende un corno pieno di quel decotto ai rami degli alberi che fiancheggiano le strade. Si attribuisce a quel decotto il potere di scongiurare dalle città tutti i malanni e di rendere impotenti gli eserciti nemici che si avvicinano.

Il secondo fascicolo contiene pure una breve notizia del rev. A. Kropf sopra gli Dei Basuto (parola con la quale sembrano venir particolarmente designati i Betshuâna orientali). Fin qui si credeva che i Basuto non adorassero alcun nume; ma il rev. Stech, che nel 1877 si trovava a Blauberg, nella Transvalia, fra la tribù dei Malebocho, che abbraccia, dicesi, venti mila abitanti, udì no-