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140 | Mitologia comparata. |
di uno stregone, che deve purificarla. La purificazione si fa in questo modo, che mi persuado l’usanza essere d’origine indiana, essendo ben noto come il culto degli Indiani per la vacca si estenda fino a’ suoi escrementi, adoperati come un mezzo di purificazione. Le vedove betshuane devono dunque rimanere alcun tempo fuori della città; si munge quindi un po’ di latte da tutte le vacche e questo miscuglio di latte si versa nel loro cibo che le vedove devono mangiare. Si leva quindi dai piedi delle vacche dello sterco, col quale e con alcun molemo la vedova deve ungersi. Se questo non si fa, tutto il bestiame nella città dovrà perire. Quando gli indigeni viaggiano e s’accostano affamati ad una città, prendono una pietra e la collocano fra i rami d’un albero o sopra una pianta, immaginando che in tal modo il popolo presso il quale andranno a stare li accoglierà con vivande. Anche qui l’albero, come nella tradizione indo-europea, appare il fecondatore per eccellenza, poichè gli si attribuisce la virtù di cambiare sassi in frutti, miracolo simile a quello che fa Domeneddio in una novellina popolare subalpina, invitando la povera vedova caritatevole a buttar nella pentola de’ sassi che diventeranno fagiuoli. (Un miracolo analogo i lettori del Mahâbhârata ricordano essere stato operato dal Dio Krishna in favore della buona madre di famiglia che doveva apprestare il nutrimento ai cinque fratelli Panduidi.)
Il reverendo Roger Prince ci descrive pure una cerimonia annuale detta Dipheku in uso presso i Bamangwato, per lo scongiuro di tutti