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Miti ario-africani. 137

azione, più spesso delle altre meno gradite ad orecchio cristiano; ma la pietà prima di predicarsi come un sentimento cristiano, fu predicata come un sentimento buddhistico, e se la novellina cafra avesse un’origine indiana, nessuno potrebbe meravigliarsi di ritrovarvi tali sentimenti che nelle novelline buddhistiche si trovano assai frequenti. La menzione poi così frequente di uomini in forma di animali e di mostri antropofagi nelle novelline africane è forse un indizio di più della loro origine indiana, essendo ben noto come nelle credenze indiane prevalga l’idea della metempsicosi, e come tutti i demoni indiani siano particolarmente figurati come divoratori di carne, e specialmente di carne umana, in opposizione agli Dei e agli Arii, ossia alle tre caste superiori che non mangiano carne alcuna. Tutta la natura è per l’Indiano popolata di mostri; anche nelle acque si figura una specie di gandharva, di mostro guardiano, trattenitore, che si riproduce nel drago della credenza europea, un mostro che attira a sè. I lettori del Râtmâyana conoscono il mostro marino Sinhikâ che attira a sè il gran scimio Hanumant e lo tiene alcun tempo nel suo corpo, fin che lo lascia uscire, come Giona ecce dal ventre del gran pesce. Questo miracolo mitico si spiega agevolmente, poichè si rinnova ogni notte nell’oceano notturno; il gran mostro di quest’oceano inghiotte ogni sera nel suo immenso corpo l’eroe solare, e lo restituisce poi intatto ogni mattino all’altra riva. Un simile mostro marino troviamo pure ricordato in una novellina cafra raccolta dal signor Theal. «Vi era