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Pietre, piante, animali. 119

brosiaco nell’India, e delle mele d’oro nell’Orto dell’Esperidi e nel paradiso promesso ai buoni bambini cattolici.

Io ho toccato, in genere, dell’albero mitologico, e vorrei ora introdurre chi mi segue ne’ miei splendidi giardini fantastici, innanzi ai quali quelli di Armida e d’Alcina gli apparirebbero forse misere steppe; vorrei, se alcun lettore fosse malato, farlo guarire con l’aiuto delle numerose erbe magiche che, almeno, di nome conosco; se alcuna di queste erbe non avesse più alcuna sua speciale virtù, ricorrerei, quantunque poco cristiano, all’espediente del poeta vedico, il quale invocava, ad una volta, tutte le erbe, affinchè divenissero sumitrâs o buone amiche, propizie per sè e per i suoi migliori amici e durmitrâs o cattive amiche per colui, come esso dice, che ci odia e che noi odiamo. Lo condurrei pure innanzi alle venerabili erbe preistoriche, le quali, secondo il Rigveda furono create tre età innanzi agli Dei, erbe che il Yag’urveda, specialmente se medicinali, saluta col nome di ambâs o madri, e che hanno un loro proprio re o Dio, oshadhîpati, signor delle erbe, che si chiama Soma, col quale negli inni vedici, le altre erbe vengono democraticamente a favellare. Dopo il Soma, chiederei di presentar gli alberi paradisiaci indiani, specialmente l’açvattha, quindi lo splendido brahmanico fiore di loto, e l’erba tulasî (ocymum sanctum) come specialmente sacra agli Indiani; tra le erbe e piante nostre, gli ricorderei specialmente pel loro carattere sacro e lo loro mirabili virtù la verbena, la artemisia, la felce, il ginepro,