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116 Mitologia comparata.

col nome di Kusumâdhipa, Kurumadhirag’ o re dei fiori. Molti fiori poi hanno una speciale virtù morale, un proprio valore simbolico che una tradizione più o meno autentica e generale e continua ha loro attribuito e che costituisce il così detto linguaggio de’ fiori, del quale si valgono così spesso gli amanti ne’ loro messaggi. Gli amanti s’intendono spesso, per mezzo de’ fiori, sebbene un proverbio della Lomellina ci metta sull’avviso che amori simili durano poco. In una novellina indiana due amanti si parlano per mezzo d’un fiore, e la figlia del Re Suçarma, guardando alla finestra, osserva il giovine Devadatta e l’attrae a sè con la sua bellezza. Essa coglie un fiore e con esso tocca le labbra dell’eroe d’amore, il quale si turba e racconta il caso al maestro, che gli spiega come con quel segnale la principessa gli diè ritrovo al tempio Pushpa, ossia al tempio dei fiori. Le streghe adoperano spesso i fiori come filtri amorosi, facendo fiutare ai giovani e alle giovani certi fiori che hanno virtù d’innamorarli della persona che li desidera; nè ad un mitologo è lecito supporre che adoprino altre malizie, e che la vera virtù riposta sia qualche messaggio scritto che si trovi accortamente nascosto tra fiori, i quali in ogni modo, farebbero sempre da mezzani d’amore.

I fiori accompagnano l’uomo in tutta la sue vita. Anzi tutto quando nasce, come si ricorda ancora nel giuoco infantile berlinese della Mutter Tepperken, ove si finge che ogni fanciullo venga al mondo con un nome di fioro, l’uno chiamandosi rosa, l’altro garofano, un altro violetta,