Pagina:Mitologia-comparata.djvu/10

2 Mitologia comparata.

avesse già trovato essa stessa o adottato di poi quelle immagini.

I poeti per sè stessi non creano alcun nuovo mito essenziale; espongono invece i miti già esistenti, li svolgono, li ornano, o inconsciamente o seguendo l’analogia e la coscienza creativa del popolo. L’immaginazione del popolo vide talora nel cielo una vòlta, talora un padiglione stellato; ma i poeti vedici parlano pure di una gran coppa celeste, opera mirabile di artefici divini, i quali fecero il bel miracolo di foggiar quattro coppe d’una sola coppa, rappresentandosi, con tale immagine poetica divenuta un mito, le quattro plaghe del cielo diversamente colorate nelle quattro parti nelle quali si dividevano le ventiquattro ore del giorno. Il poeta vedico e il popolo creano miti del pari; o più tosto il poeta vedico, come l’ellenico, non fa altro se non levare, in una forma più artistica, la credenza popolare già esistente. A quella coppa divina vanno a bere l’ambrosia gli Dei dell’India, ossia intendasi che quando il cielo si copre di nuvole gravi di pioggia, la coppa si empie d’un liquore celeste.

Invece d’una coppa, i poeti vedici rappresentano pure nel cielo nuvoloso una gran botte, che si versa. I Greci si rappresentano lo stesso mito con le Naiadi, le quali versano acqua dalle loro brocche, o con le Danaidi le quali ora s’affaticano ad empiere una botte sfondata, ora versano acqua a traverso un crivello. Ed ecco che ritroviamo già come una nozione popolare mitica antica, l’immagino del cielo figurata come un crivello, che il poeta mariniano credette avere inventato primo