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che quella da noi sopra pubblicata, e dove, da un forte sentimento d’italianità in fuori, sarebbe stato bravo quel poliziotto del tempo che ci avesse trovato qualche cosa anche lontanamente accennante a minaccia o pericolo pel trono e l’altare, che allora, come si sa, per formare la felicità dei popoli, vivevano fra loro da buoni amici.

Nè la lettera del Mazzini, nè quelle del Colletta, del Pareto, di Genova, del Tommasèo e d’altri scrittori liberali che si rinvennero in casa del Guerrazzi, potevano chiamarsi, nel linguaggio della polizia, compromettenti. Ma ai poliziotti del Ciantelli, quando mancava la realtà, bastava l’ombra; e il Guerrazzi, imputato di partecipazione ad una sètta pericolosa — quella dei Figli di Bruto — nonchè di diffusione di scritti e libri sediziosi, colla giunta d’un carteggio antipolitico (anche questa è una parola del dizionario della polizia del tempo) con persone notoriamente conosciute come intinte di pece liberale e nemiche dei governi legittimi, fu arrestato e posto in segreta. Insieme a lui furono arrestati Temistocle Guerrazzi, fratello minore di Francesco Domenico, Domenico Orsini, mercante di vino.

Il 28 luglio 1832, l’autore della Battaglia di Benevento subì il primo interrogatorio dinanzi al commissario Epifanio Manetti; il quale, avendolo interpellato sul personale di collaborazione, ma sopratutto sopra gl’intendimenti del giornale l’Indicatore Livornese che egli riputava fossero dirizzati ad abbattere l’ordine di cose che i trattati del 1815 avevano instaurato in Italia, si ebbe dal Guerrazzi per risposta: che l’Indicatore Livornese, giornale di carattere e d’intendimenti puramente letterari, fu fondato nel 1829 da una società di cittadini che ne affidò a lui la direzione, e che egli chiamò a collaborarvi i migliori ingegni della penisola, almeno quelli che tali additava la pubblica fama. „Scrissi al barone Giuseppe Poerio per ottenere da lui articoli legali, sapendo che i suoi lavori indefessi si avvolgevano in-