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straordinaria giudicava i cospiratori del 1820, lo destinava a compagno e ad amico del principe di Carignano, quando il futuro martire d’Oporto, più in qualità di prigioniero che d’ospite, venne a fissare la sua dimora a Firenze.
Ma se nella capitale le sètte non attecchivano, o se spuntavano, non arrivavano a mettere radici profonde, gli scritti rivoluzionari o anti-politici, come li chiamava la Polizia, quasi tutti portanti il bollo della Giovine Italia trovavano una facile e larga diffusione. Per affissione di scritti sediziosi, nei primi mesi del 1832, fu condannato a dodici mesi di carcere quel prete Marchese, di Napoli, che abbiamo visto complicato in un procedimento economico dove monsignor M..... arcivescovo di Firenze, rappresentò una parte tanto contraria al suo sacro ministero. I suoi complici, Giovanni Conti, di Parma, e Daniele Carnesecchi, di Firenze, furono condannati a tre mesi di carcere per ciascuno. Il Marchese e il Conti non essendo sudditi toscani, espiata che ebbero la pena, furono condannati al bando perpetuo dal granducato. Erano stati dapprima sottoposti a procedimento per cospirazione; ma l’accusa, malgrado le deposizioni del Berlingozzi e del Sieni, che lo stesso presidente del Buon Groverno dichiarava derivanti da persone eccessive e fanatiche, che vedevano dappertutto congiure, sfumò e rimase soltanto quella di diffusione di scritti rivoluzionari, per avere la Polizia rinvenuti in casa degl’imputati parecchi esemplari d’un opuscolo di Gustavo Modena, il grande artista, dal titolo: Istruzioni pel popolo italiano; — un opuscolo che in quei giorni era stato diffuso a migliaia di copie per tutta l’Italia, e dove il discepolo affettuoso del Mazzini, sotto forma di dialogo, commentava il credo del maestro; e lo stesso opuscolo ritrovato a Luigi Gelli, procurava a costui quattro mesi di carcere e la sorveglianza della polizia. Poco dopo, per disposizione del Buon Governo, approvata con rescritto sovrano del 12 luglio 1832, sempre per diffusione di scritti sediziosi, e perchè sospetti d’appartenere alla temuta sètta, furono condannati alla reclusione da espiarsi nella casa di forza Lorenzo Matazzoli ed Angelo Protecchi, l’uno per un anno, l’altro per otto mesi. La stessa gravità delle