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Tutto ciò si pensava e si scriveva dal Puccini, quando a pochi passi dal confine toscano i Carbonari s’impiccavano o si mandavano in galera. Nè diversamente di lui opinavano i ministri e lo stesso Granduca; laonde il 21 maggio di quell’anno, il Corsini poteva scrivere al Puccini che S. A. I. e R. aveva deciso, che meno pei militari e per i funzionari civili dello Stato, fossero troncate le processure economiche iniziate contro i sospetti di carbonarismo. Con rescritto posteriore, comunicato dal Corsini al presidente del Buon Governo con biglietto del 27 giugno, S. A. I. e R. ordinava che il precedente provvedimento fosse esteso anche ai funzionari militari e civili, i quali si restituivano, in via d’esperimento, nei loro uffici, nella fiducia che si sarebbero sinceramente ravveduti.

In quei giorni medesimi, Silvio Pellico ed i suoi compagni di sventura giacevano nei Piombi di Venezia: nelle Romagne s’impiccava, e a Napoli un Re, già spergiuro nell’animo, preparava sotto l’apparente osservanza della Costituzione, il canape che il boia doveva stringere intorno alla gola di tanti disgraziati cittadini.