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Il Governo non poteva stare colle mani alla cintola. Il Fossombroni, per quanto fosse della scuola del Richelieu, che diceva: Aprés moi, le déluge, non poteva permettere che le cateratte del cielo si schiudessero durante la sua vita. E che volessero schiudersi prima che egli chiudesse gli occhi alla luce, lo dicevano i rivolgimenti del Piemonte e di Napoli, e l’agitazione settaria che metteva in quei giorni sottosopra tutta l’Italia. Laonde pensò che una stretta al morso non sarebbe stata fuori di luogo, ed in questo senso operò, ma senza discostarsi di troppo dal suo prediletto sistema: stringere il morso sì, ma senza far molto gridare le vittime; sopratutto senza trasformare queste in martiri. Politica, che come ognuno può vedere, lo stesso Machiavelli avrebbe anche fatto sua.

Furono fatti degli arresti ed iniziate delle processure economiche perchè meno chiassose, e ciò sempre in omaggio al programma del segretario di Stato; e lasciati in disparte i settari collocati troppo in alto, perchè il procedere della polizia non destasse un vespaio, che difficilmente poi si sarebbe potuto spegnere, o limitare, il presidente del Buon Governo, il Puccini, potè avere sotto gli occhi, nei primi giorni dell’aprile, i risultati ottenuti dal lavoro inquisitorio dei tribunali economici, e compendiati dalla stessa Polizia nel seguente quadro:

SOCIETÀ DEI CARBONARI

Capi Maestri.

1. Orsini Andrea, d’Imola, scrivano, agente di beni. È uno dei capi e dei primi introduttori della Carboneria in Firenze. Fu rilasciato e reso nell’estate del 1820 al Governo Pontificio, a richiesta del quale fu arrestato nella Romagna Toscana.

2. Voltangoli Dott. Giuseppe, conservatore delle Ipoteche a Montepulciano.

3. Sestini Bartolomeo, da Pistoia, poeta estemporaneo.