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naggio e la violazione del segreto epistolare, l’esistenza di un Gabinetto Nero non poteva passare inosservata. I cittadini se non vedevano il Gabinetto Nero, ne fiutavano l’esistenza. Laonde la necessità per gli affiliati alle sètte d’adoperare la cifra o gl’inchiostri simpatici. Ma nè l’una, nè gli altri impedivano al Gabinetto Nero di leggere le corrispondenze settarie, perocchè con esercizi pazienti si riusciva quasi sempre ad afferrare la chiave della cifra, mentre coi reagenti si vinceva il segreto confidato agl’inchiostri simpatici.
A questo proposito non riuscirà del tutto inutile, aggiungere come il Gabinetto Nero toscano godesse, fra tutti i Gabinetti Neri d’Italia, d’una riputazione che dai documenti da noi esaminati possiamo dire di non avere scroccato a buon mercato. La Toscana se non aveva nè forche nè galere pei liberali, se i suoi ministri erano di pasta frolla, se per salvare le istituzioni questi limitavansi, di tanto in tanto, ad adoperare decotti di papavero e di lattuga atti ad addormentare i cittadini e trasformare lo Stato in un immenso dormitorio, — quanto alla violazione del segreto epistolare, la Toscana, diciamo, teneva un primato di cui i suoi governanti erano orgogliosi. Il Gabinetto Nero di Firenze aveva tradizioni, conosceva segreti chimici, che gli altri potevano invidiare ma non imitare. La parte tecnica, insomma, aveva toccato coi poliziotti toscani l’apice, concorrendo forse a ciò qualche rimasuglio, qualche reminiscenza di quei segreti laboratori dove i principi di casa Medici (a meno che la fama non menta) maneggiando storte e lambicchi, preparavano veleni potenti e misteriosi per isbarazzarsi senza rumore d’una moglie che fosse divenuta noiosa, di un fratello che s’ostinasse a non lasciar vuoto il trono, o d’un suddito, a cui i ricordi della vecchia libertà repubblicana s’affollassero troppo disordinatamente nel petto, per potersi rassegnare senza proteste al giogo dei nuovi signori.
L’Austria stessa, che nelle sue provincie italiane doveva tener dietro a tante congiure, a tante sètte, non aveva che un Gabinetto Nero per così dire di secondo ordine; e più d’una volta l’orgogliosa dominatrice fu costretta a ri-