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scolari sembrerebbero preferirsi per sottoporsi alla misura di che trattasi il Toscanelli, che potrebbe relegarsi fino a nuovo ordine in una delle più lontane sue ville, il Fabbrucci, il Bonfanti, il Sansoni, lo Speranza.„ Vedendo che predicava al deserto, scriveva: „È oramai necessità evidente ed urgentissima che anche costà (cioè a Pisa) si mettano una volta sulla stessa linea di condotta e d’azione (quella della repressione) e guai a continuare ulteriormente nell’apatia ed inazione fin qui predilette.„

Ma fu il canto del cigno. Pochi giorni dopo avendo il Bologna interdetto la rappresentazione del Giovanni da Procida, del Niccolini, al Teatro del Cocomero, nonostante che il ministro dell’interno ne avesse accordato il permesso al soprintendente degli spettacoli pubblici, il marchese Bartolommei, il vecchio Presidente del Buon Governo fu dispensato dall’ufficio.

Era la mattina del 5 ottobre 1847. Sua Eccellenza Bologna, come al suo solito, si recò a Palazzo Non-finito, ed entrato nel suo gabinetto, dalle mani del suo segretario, prese il corriere. Vista una lettera che portava il timbro del Ministero degl’interni, l’aprì e vi trovò dentro la partecipazione del suo collocamento a riposo. Al disgraziato capo della sbirraglia toscana parve che in quel momento il pavimento della stanza gli si schiudesse di sotto. Non era nemmeno stato caritatevolmente avvertito, in precedenza, di quella misura, nè a lui, che aveva servito in quell’ufficio per quasi quindici anni, il congedo si addolciva colla commenda e colla grossa pensione, che pur si erano date al Ciantelli, che non v’era stato che quasi di passaggio. Uscì da Palazzo Non-finito col cuore serrato e gli occhi bassi; e con lui uscì l’ultimo Presidente del Buon Governo di Toscana.

Quel giorno stesso un decreto sovrano aboliva la Presidenza del Buon Governo, e vi sostituiva una Direzione Generale di Polizia, sotto gli ordini del ministro dell’interno.

FINE.