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che erano cuciti a fil doppio coi gesuiti, che prendevano l’imbeccata dal gran Cancelliere Cesareo; era tutto inutile. Senza volerlo, erano costretti a far tanto di cappello al nuovo spirito che animava le moltitudini. I vecchi ferri del mestiere, veramente, essi non li avevano buttati via; ma, adoperandoli, i poveretti s’accorgevano che si spezzavano loro fra le mani. Anch’essi, i benedetti ferri, s’erano fatti, come tutti, liberali!
Laonde il Bologna non cadde dalle nuvole, quando il 4 maggio 1846 leggendo un biglietto del ministro degli esteri, l’Humbourg, apprese come Giovanni Berchet, il poeta rivoluzionario per eccellenza, avesse manifestato il desiderio di venire da Genova, dove si trovava col consenso del Governo sardo, il quale cominciava a liberaleggiare, fino a Firenze, per visitarvi il conte Collegno, un ex-proscritto, che di recente era venuto a fissarvi la sua dimora. Ma se non mostrò sorpresa del desiderio del Berchet, come l’avrebbe mostrato qualche anno innanzi, non per questo stimò che fosse prudente di aderirvi; ed impugnata immediatamente la penna, rispose all’Humbourg come fosse suo parere che al Berchet si negasse l’ingresso in Toscana.
Il parere del Bologna fu adottato dal ministro, e alle autorità di confine fu dato ordine che ove il Berchet si presentasse, fosse respinto; e nel caso che fosse penetrato nei domini granducali, gli si facesse precetto di allontanarsene entro tre giorni.
Ma il Berchet non ismise per siffatto rifiuto il suo pensiero di stabilirsi, magari temporaneamente, in Toscana. Gregorio XVI era morto in quei giorni e colla ascensione al trono di Pio IX, i liberali avevano guadagnata la prima battaglia. Il Berchet rinnovò la domanda, e la Polizia che andava perdendo ogni giorno terreno, gli permise il transito per la Toscana, allo scopo di portarsi a Roma, divenuta in quel tempo la mèta del pellegrinaggio di tutti i liberali. Il poeta si mise in viaggio ed arrivò a Firenze, ove naturalmente fu circondato da spie, come risulta dalla nota riservata che il 23 ottobre il Presidente del Buon Governo scriveva al ministro dell’interno: „Non appena il Berchet