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— soggiungeva l’Ispettore — sorprende tutti per essere accaduto in distanza non maggiore di sessanta braccia dalla Gran Guardia e per conseguenza in mezzo alla forza e sotto gli occhi di questa.„ Il Cardinale ne rimase esasperato. Lì per lì pubblicò un editto col quale ordinava alle pattuglie di far fuoco sui cittadini, se intimato il fermo, questi non obbedissero. E i ravennati, che fra quella jena in berretto rosso e quei segreti e terribili vendicatori del diritto, non avevano perduto il loro buonumore, una certa sera collocarono in una strada deserta un fantoccio che le pattuglie, inutilmente intimato il fermo, crivellarono di palle. Avvicinatesi a quel ribelle di paglia, gli trovarono sul petto un cartellino che diceva: „S’invita il reverendissimo Clero della fedele città di Ravenna ed assistere ai funerali di S. E. il cardinal Rivarola.„
Ma volendo ad ogni costo riuscire allo scoprimento dell’assassino, il buon porporato mise fuori un altro editto che prometteva, nientemeno in nome di sua Santità Leone XII, un premio di scudi diecimila allo scopritore del reo, anche se il denunziante fosse il sicario, ove l’attentato fosse stato commesso per mandato. Si prometteva inoltre un premio di scudi tremila allo scopritore dei complici; infine, si assicurava che un profondo segreto avrebbe sempre accompagnato il nome del delatore.
Il delatore non ci fu, benchè il vicario regio di Poppi, scrivendo al presidente del Buon Governo, temesse che dinanzi a quel grosso premio e al segreto assicurato al denunziante, qualche miserabile potesse far tacere la coscienza ed iniquamente farsi sostenitore di false accuse.